Persepoli, la “città dei persiani”, fu la capitale cerimoniale dell'Impero achemenide (550-330 a.C. circa), e rappresentò uno dei periodi più gloriosi della civiltà persiana. L'antica città, le cui rovine sono ancora presenti nell'Iran moderno, simboleggia l'identità culturale iraniana, l'orgoglio e la continuità storica. Rispecchia una delle tensioni centrali di questo film: come preservare l'identità culturale adattandosi al cambiamento.
Titolo: Persepolis
Nazione: Francia
Anno: 2007
Regia di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud
Persepolis, tratto dalla graphic novel autobiografica di Marjane Satrapi, racconta la storia di una ragazzina che diventa maggiorenne durante e dopo la Rivoluzione iraniana. Il film inizia a Teheran nel 1978, dove incontriamo Marjane (detta Marji), una bambina precoce di nove anni proveniente da una famiglia colta e progressista. Attraverso i suoi occhi di bambina, assistiamo al rovesciamento dello Scià e alla successiva instaurazione della Repubblica Islamica, eventi che trasformano drammaticamente la sua infanzia relativamente liberale in una costretta da rigide leggi religiose.
Lo sconvolgimento politico influisce profondamente sulla vita quotidiana di Marji, che lotta per conciliare la sua vita privata con le nuove esigenze pubbliche: indossare il velo, accettare le nuove restrizioni sociali e osservare gli amici di famiglia che diventano prigionieri politici o fuggono dal Paese. I genitori e in particolare l'amata nonna fungono da ancore morali, insegnandole l'integrità e a rimanere fedele a se stessa nonostante le pressioni esterne.
Quando la guerra Iran-Iraq si intensifica e Teheran diventa sempre più pericolosa, i genitori di Marji prendono la difficile decisione di mandare la figlia quattordicenne a Vienna per garantirle sicurezza e istruzione. Questo segna l'inizio del suo esilio e di un nuovo capitolo di sfide. In Austria, Marji affronta le complessità dell'essere un'immigrata, affrontando le differenze culturali, il primo amore e la lotta per trovare la propria identità tra la cultura orientale e quella occidentale.
Il periodo trascorso a Vienna si rivela allo stesso tempo liberatorio e isolante. Dopo alcuni anni tumultuosi, segnati da delusioni sentimentali e da un periodo da senzatetto, una Marji depressa torna in Iran. Tuttavia, si ritrova altrettanto alienata nella sua patria, dove le restrizioni del regime islamico sono diventate ancora più severe. La Teheran, un tempo familiare, si sente estranea alla sua sensibilità occidentalizzata, provocando una profonda depressione e mettendo in discussione il suo posto nel mondo.
La narrazione si conclude con la dolorosa ma necessaria decisione di Marji di lasciare definitivamente l'Iran per la Francia, riconoscendo di non poter più conciliare il suo desiderio di libertà personale con i vincoli della vita sotto il regime islamico. Le ultime parole di saggezza della nonna sul mantenimento della propria integrità e sulla fedeltà a se stessa le servono da guida per affrontare questo nuovo capitolo della sua vita.
Critica
A prima vista, le rovine dell'antica Persepoli potrebbero sembrare un punto di partenza improbabile per un film d'animazione contemporaneo. Eppure, nella magistrale opera di Marjane Satrapi, questi resti archeologici diventano qualcosa di straordinario: una lente attraverso la quale guardare alla memoria, all'identità e alla trasformazione.
Si pensi a come lavora un archeologo: spazzando via con cura gli strati del tempo, mettendo insieme i frammenti per rivelare un quadro più completo. Questo è esattamente ciò che Satrapi fa con la propria storia. Scava i ricordi - alcuni intatti, altri meravigliosamente frantumati - e li organizza in una narrazione che sembra allo stesso tempo profondamente personale e universalmente significativa.
L'approccio particolare della Satrapi è il modo in cui utilizza la metafora delle rovine per illuminare la persistenza della cultura. Nel film, vediamo come la vita prerivoluzionaria continui a esistere all'interno del nuovo regime, proprio come le antiche strutture che sopravvivono sotto le città moderne. Ci sono le feste private, nascoste dietro le porte chiuse. La musica occidentale, suonata in attenta segretezza. Il trucco, applicato con sfidante precisione. Non si tratta di semplici atti di ribellione, ma di artefatti culturali, conservati nonostante tutto. Marji stessa diventa una rovina vivente, un palinsesto di identità scritte e sovrascritte. Il suo corpo - la più politica delle tele - si trasforma da bambina a donna sullo sfondo della metamorfosi dell'Iran.
La protagonista del film, Marji, incarna questa idea di conservazione attraverso la trasformazione. Mentre cresce da bambina precoce a giovane donna, il suo corpo diventa una sorta di documento storico. Ogni cambiamento - che si tratti del suo primo foulard o della sua fase punk a Vienna - segna un momento sia personale che politico. È affascinante il modo in cui Satrapi rende queste trasformazioni in bianco e nero, con uno stile di animazione che ricorda gli schizzi archeologici.
Ciò che più colpisce, forse, è il modo in cui il film gestisce le distanze. Tra l'infanzia e l'età adulta. Tra Oriente e Occidente. Tra ribellione e conformità. Come le rovine stesse, Marji esiste in uno stato di splendida incompiutezza: non una cosa o un'altra, ma qualcosa di più interessante in assoluto.
In questo modo, “Persepolis” diventa molto più di una storia di formazione o di un commento politico. È una meditazione su come portiamo con noi la nostra storia, su come ricostruiamo noi stessi dai frammenti dell'esperienza. Un po' come quelle antiche rovine che si ergono orgogliose vicino alla moderna Shiraz, raccontando storie di ciò che è stato e di ciò che potrebbe essere.
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[Pubblicato il 09/01/2025]